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La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità

INDUSTRIA, AGRICOLTURA E LAVORATORI CHIEDONO DI RIPENSARE MISURE COME SUGAR TAX CHE UCCIDONO CRESCITA E OCCUPAZIONE. A RISCHIO 5MILA POSTI DI LAVORO e 250 MILIONI ANNUI DI APPROVVIGIONAMENTI SUL MERCATO ITALIANO

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In occasione del Convegno “La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità” promosso a CIBUS, il Salone Internazionale dell’alimentazione in corso a Parma, ASSOBIBE e CONFAGRICOLTURA esprimono le preoccupazioni della filiera per gli effetti della tassa che partirà il 1° gennaio 2022 e si abbatterà su un settore già fortemente indebolito dalla pandemia.   Parma, 1 settembre 2021. Un’occasione di confronto tra l’industria delle bevande analcoliche e le aziende che costituiscono la filiera, per fare il punto del settore e provare a immaginare insieme le opportunità di crescita che il prossimo biennio potrebbe riservare, puntando su relazioni forti che consentano di fare sistema, ma anche porre l’accento sui rischi di perdita in termini di fatturato, investimenti e posti di lavoro che l’introduzione della Sugar Tax comporterà. Questi gli argomenti trattati nel convegno “La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità”, che si è tenuto oggi all’interno di CIBUS, il Salone Internazionale dell’alimentazione giunto alla 20° edizione, organizzato da ASSOBIBE, associazione di CONFINDUSTRIA che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, e CONFAGRICOLTURA. Al convegno, oltre al Presidente ASSOBIBE Giangiacomo Pierini e al Presidente di CONFAGRICOLTURA Massimiliano Giansanti, hanno partecipato Ivano Vacondio, Presidente Federalimentare, Paolo De Castro Coordinatore S&D Commissione Agricoltura Parlamento Europeo, Stefano Marini AD Gruppo Sanpellegrino e Vicepresidente ASSOBIBE, Emanuele di Faustino, project manager Nomisma e i Segretari generali di Fai-CISL Onofrio Rota, Flai-CGIL Giovanni Mininni e Uila-UIL Stefano Mantegazza Nel corso dell’evento, in cui sono stati presentati i dati della ricerca commissionata da ASSOBIBE a Nomisma dal titolo “Il settore delle bevande analcoliche in Italia nell’era post covid”, è stata data voce alle preoccupazioni di un intero settore in merito alle incertezze dei prossimi mesi e alle conseguenze dell’entrata in vigore della Sugar Tax, prevista per il prossimo 1° gennaio 2022. L’introduzione dell’imposta, che comporterà un incremento della fiscalità del 28% penalizzerà i consumi, con ripercussioni negative su ogni anello della filiera legate alle minori attività e conseguente rischio di perdita di posti di lavoro. “Lo studio di Nomisma dimostra gli effetti devastanti, economici e sociali, dell’introduzione di un’imposta del valore di 10 euro/ettolitro in un momento già così incerto – spiega Giangiacomo Pierini, Presidente ASSOBIBE -. Anziché facilitare crescita e occupazione, con l’introduzione della Sugar Tax nel 2022 si avrà una contrazione del 16% del mercato a volume, -180 milioni di euro di fatturato rispetto al 2019 e -344 milioni di euro se consideriamo la perdita di giro d’affari nel 2023 rispetto al 2019. Inoltre, togliere liquidità alle imprese con una nuova gabella da versare a fine mese si traduce in maggiori difficoltà e minori investimenti. Un trend nefasto che affosserà la ripresa e il ritorno ai consumi pre-Covid previsti a fine biennio 2022-2023”. Questa tassa si abbatte su un settore già fortemente penalizzato dalla pandemia e dalle chiusure del canale Ho.Re.Ca. con una contrazione nel 2020 del 10% del fatturato, come ribadito anche dall’AD di San Pellegrino, Stefano Marini e dal Presidente di Federalimentare Ivano Vacondio che hanno espresso preoccupazione per quanto emerso dalle stime di Nomisma. Tra i dati illustrati, alla presenza di Fai-CISL, Flai-CGIL e Uila-UIL, il rischio di perdita di posti di lavoro per oltre 5.000 lavoratori. A risentire maggiormente degli impatti socio-economici della Sugar Tax saranno le PMI, ben il 64% delle aziende totali del settore e custodi della tradizione alimentare italiana; non rimarranno illese le aziende della filiera, con i fornitori che vedranno un calo di acquisti di materie prime food e non food per 250 milioni e ripercussioni importanti anche a livello territoriale, in particolare per regioni come Sicilia e Calabria da cui principalmente l’industria acquista la frutta, con il rischio che le aziende siano costrette ad approvvigionarsi dall’estero a minor costi rispetto a quelli nazionali. “La Sugar Tax aggiunge il presidente di CONFAGRICOLTURA, Massimiliano Giansanti rischia inoltre di dare il colpo di grazia al comparto saccarifero nazionale, già fortemente danneggiato dalla liberalizzazione delle quote, che ha contribuito alla decimazione del numero di imprese e di zuccherifici. Sarebbe piuttosto opportuno individuare misure che siano adeguate ed effettivamente funzionali all’obiettivo di garantire la salvaguardia della salute e del benessere. La tassa, invece, andrebbe a ripercuotersi direttamente sulla filiera dei succhi di frutta italiani, aprendo la strada al Nutriscore, il sistema di etichettatura basato esclusivamente su quantità standard di assunzione, senza tenere conto della qualità e della tipicità di bevande e cibi”. A causa della Sugar Tax si prevede un -17% sui consumi domestici (-12% bevande gassate e -30% bevande non gassate), con conseguenti ricadute sugli operatori della distribuzione; mentre sul canale “fuori casa” – già fortemente in sofferenza a causa dalle limitazioni Covid in ristoranti, bar e pubblici esercizi – è previsto un – 9% (sempre a volume) delle vendite con riflessi negativi su grossisti, distributori e punti vendita. “Lo scenario che ci attende nei prossimi mesi è molto incerto a causa degli effetti della pandemia – conclude Pierini . L’aggiunta della nuova tassazione produrrà ulteriori effetti negativi sul mercato e questi si possono evitare con un ripensamento del Governo. Non possiamo permettere che una tassa, che come dimostrato nei paesi in cui è in vigore non ha reali effetti benefici per la salute, affossi completamente un settore economico radicato su tutto il territorio nazionale, ricco di PMI fortemente collegate alla filiera nazionale e di prodotti espressione del made in Italy come le aranciate, limonate, gassose, cedrate, spume, chinotti ecc. Le imprese chiedono interventi per essere aiutate a uscire dalla crisi e recuperare i livelli pre pandemia, senza ulteriori nuovi ostacoli. In due parole, lasciateci lavorare per non scomparire”.   Fonte: ASSOBIBE

Rossana Revello, Maria Paola Chiesi e Davide Bollati nel Comitato di Presidenza di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile

Comitato di presidenza fss

Il Comitato di Presidenza della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile si arricchisce di tre nuovi membri: Maria Paola Chiesi, Direttore del dipartimento di Shared Value & Sustainability di Chiesi Group, Davide Bollati, Chairman del gruppo Davines e Rossana Revello, fondatrice della società di consulenza Chiappe Revello. Maria Paola Chiesi rappresenta Chiesi Group, la multinazionale farmaceutica italiana leader del settore per investimenti in Ricerca & Sviluppo che vuole diffondere i concetti di sostenibilità e valore condiviso, con particolare attenzione al clima. Per questo, nel 2019, si è impegnata a raggiungere la Carbon Neutrality entro il 2035. Per raggiungere l’obiettivo, diverse strategie sono in atto tra cui un maggiore utilizzo di energia rinnovabile e la selezione di fornitori di trasporto in grado di quantificare le emissioni di CO2 e ha anche calcolato l’impatto ambientale dei prodotti utilizzando uno strumento, il Carbon Footprint Systematic Approach. L’ attenzione all’ambiente è entrata anche nel nuovo Headquarters di Parma con sistemi di recupero dell’energia termica, l’uso di energie rinnovabili e un’area verde che si estende per oltre 6.000 m2. Maria Paola Chiesi è, inoltre, Presidente del Consorzio “Kilometro verde”, una fascia di verde di 11 chilometri lungo l’A1 a Parma e l’ispiratore dell’Alleanza Parma CO2 Neutral “Sono felice di entrare a far parte ufficialmente di un’importante realtà come la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – ha dichiarato Maria Paola Chiesi -. Il mio rapporto con questa realtà è iniziato già da tempo e insieme abbiamo avuto modo di collaborare condividendo il grande obiettivo di divulgare i temi alla base del concetto di green economy. Il nostro obiettivo comune è quello di trasformare le parole in fatti, un lavoro ancora tutto in divenire che, come membro del Comitato di Presidenza, supporterò con convinzione”. Davide Bollati presiede Davines, l’ azienda di prodotti cosmetici professionali skincare e haircare diffusi in tutto il mondo, in cui qualità, ricerca e innovazione sono accompagnate da una attenzione verso i temi della sostenibilità e del rapporto col territorio. La nuova sede di Parma, il Davines Village, che si estende su una superficie di 77.000 metri quadrati, ha alte performance ambientali, è alimentata al 100% da energia rinnovabile ed anche i rifiuti prodotti seguono un percorso a prova di ambiente. L’impegno sul territorio viene portato avanti attraverso diversi progetti e anche Davide Bollati ha un ruolo di primo piano nella promozione del progetto “Kilometro verde”. “Mi sento onorato e profondamente motivato da questa nomina –ha affermato Davide Bollati– , perché reputo Fondazione Sviluppo Sostenibile e il presidente Ronchi attori fondamentali nel percorso di sostenibilità che ha portato l’Italia ad essere centrale nella green economy europea, e di conseguenza mondiale. La strada da fare è ancora molta, ma credo che il coinvolgimento di chi nel settore privato lavora quotidianamente per migliorarsi e per seguire questo percorso sia molto importante. Mi impegno ad onorare la fiducia dimostratami con questa nomina nel Comitato di Presidenza e a portare il mio contributo a questa splendida squadra”. Proprio per sottolineare il rapporto con il territorio, sia Maria Paola Chiesi che DavideBollati sono impegnati attivamente per la candidatura di Parma European Green Capital. Rossana Revello, imprenditrice da oltre trent’anni, ha fondato a Genova la società di consulenza Chiappe Revello che ha gestito insieme a diversi partners internazionali. Oggi è affiliata al gruppo svedese Kreab, controllato da Magnora AB e da Omnicom/DAS. Si è specializzata in stakeholder engagement, comunicazione e relazioni istituzionali, maturando esperienze nell’ambito dell’ambiente, dell’energia, delle infrastrutture e della salute. Ha collaborato con amministrazioni pubbliche sia a livello centrale che locale. In Confindustria dal 1986, ha ricoperto vari ruoli sia nei Giovani Industriali che nella Piccola Industria a livello territoriale e a livello nazionale: dal 2016 al 2020 è stata Presidente del Gruppo tecnico sulla RSI all’interno della delega sulla politica industriale e ha promosso il Manifesto per la responsabilità sociale per l’Industria 4.0. E’ stata consigliere del Comitato di coordinamento per gli indicatori del BES del CNEL e del Business & Industry Advisory Committee dell’OCSE. Fa parte della task force “Action sustainability and global emergencies” del B20 coordinato da Confindustria e all’interno dello stesso B20 è anche membro del Special Initiative on Women empowerment. Il Comitato di Presidenza è coordinato da Gianni Squitieri.     Fonte: Fondazione sviluppo sostenibile

Modelli e servizi dedicati alle imprese agroalimentari

Si è svolto il 28 gennaio il seminario organizzato da AgronetworkModelli e Servizi dedicati alle imprese agroalimentari”, promosso da Confagricoltura con protagonisti quali BNL – Gruppo BNP Paribas e Enel X.

Il settore agro-alimentare italiano presenta alcuni aspetti problematici crescenti dovuti in parte all’emergenza sanitaria in atto. Obiettivo del seminario la valorizzazione del senso di comunità in questo momento così delicato dal punto di vista sociale ed economico che tutto il mondo sta attraversando.

“Agronetwork – ha detto la presidente Luisa Todini aprendo i lavori – non ha mai smesso di coinvolgere le imprese, dedicando incontri ai temi di maggiore interesse per il mondo agroalimentare. Oggi é ancora un momento delicato, ci troviamo ancora nel pieno della pandemia provocata dal Coronavirus, ma non abbiamo voluto interrompere questo dialogo, affrontando la questione del credito, partendo dalle misure varate dal governo nei decreti di questi mesi, per arrivare alle opportunità che BNL BNP Paribas mette a disposizione delle imprese agricole. Ma l’incontro vuole essere anche l’occasione per parlare di finanza sostenibile, ovvero della gestione di prodotti finanziari e degli strumenti correlati che, oltre a permettere la destinazione redditizia di capitali di rischio, deve orientare tali investimenti su scelte più rispettose dell’ambiente”.

È stata infatti affrontata una riflessione organica e approfondita sulle opportunità in tema di credito, sulla sostenibilità come opportunità strategica in tema di Positivebanking oltre che sul valore della responsabilità sociale dell’intero sistema, in considerazione dell’impatto che l’agroalimentare può generare sul benessere collettivo e della crescente richiesta di semplificazione e trasparenza riguardo alla situazione di possibili finanziamenti.

Su queste basi, grazie a Confagricoltura e Agronetwork, BNL Gruppo BNP Paribas – operatore economico e azienda attiva nel sociale – con la collaborazione con Enel X, ha deciso di aprire un focus dedicato alle imprese del settore agroalimentare, per offrire agli imprenditori confederati di Confagricoltura, ai Presidenti e Direttori delle sezioni territoriali una panoramica sulle offerte e le strategie in tema bancario e di finanziamento, sull’importanza della sostenibilità come valore aggiunto nei processi di valutazione delle imprese in termini di agevolazioni e dell’efficienza energetica come volano per un risparmio concreto, al fine di incrementare e rafforzare il senso di fiducia degli imprenditori. Mauro Bombacigno, Direttore Engagement BNL-BNP Paribas Italia si è espresso in questi termini: “sviluppare sostenibilità e innovazione è l’obiettivo che come Banca e Gruppo vogliamo condividere con Agronetwork e Confagricoltura. Per una sostenibilità 3.0, più strategica ed internazionale, c’è sempre più bisogno di fare sistema, in un’efficace partnership tra il mondo bancario-finanziario e le imprese di altre industry come l’agricoltura, che rappresenta un driver di crescita positiva da un punto di vista economico ed ambientale. BNL e BNP Paribas con il mondo agricolo può sviluppare ancora di più la propria strategia di #PositiveBanking, la capacità di coniugare business e credito con l’attenzione costante al benessere delle persone, alla tutela dell’ambiente e a un futuro migliore, pensando soprattutto alle nuove generazioni”. “BNL mette a disposizione i servizi del proprio Green Desk, una struttura specializzata che già opera con le maggiori rappresentanze del mondo agricolo e con i maggiori imprenditori del settore”, ha dichiarato Massimo Maccioni, Responsabile Mercato Imprese – Divisione Commercial Banking e Reti Agenti BNL Gruppo BNP Paribas. “Siamo impegnati nel sostegno finanziario alle aziende agricole e vitivinicole sul territorio con un sistema di analisi quali-quantitiva approfondita e completa dell’impresa, delle sue caratteristiche e potenzialità. Ciò ci sta già consentendo di supportare quelle iniziative di innovazione del settore, oltre che le attività delle singole aziende e delle filiere in un’ottica di eco-sistema virtuoso, capace di essere competitivo anche a livello internazionale”. “Il Green Desk di BNL – ha aggiunto Stefano Belleggia, Responsabile della Struttura – vuole essere sempre di più un punto di riferimento e di interazione tra la Banca e le aziende agricole, per valutare insieme le migliori azioni di supporto ad uno sviluppo green e sostenibile delle attività. Siamo infatti una struttura specializzata, in grado di intervenire a livello locale dove gli imprenditori operano ed affiancare le imprese con soluzioni negli investimenti sostenibili, energie rinnovabili ed efficientamento energetico, economia circolare”. I temi oggetto di approfondimento del webinar: credito agrario; opportunità offerte dalle misure del Governo nei decreti di questi mesi; traguardi ottenuti da Confagricoltura in tema di credito, come ad esempio la rinegoziazione del debito bancario per le imprese agricole, prevista dal Decreto Cura Italia; sviluppo di servizi per il credito attraverso lo strumento di Agricheck di Confagricoltura per l’analisi economico-finanziaria delle aziende del settore primario. “L’agricoltura in questi mesi ha dato dimostrazione di forte vitalità: ha continuato a produrre, non é ricorsa alla cassa integrazione, nonostante le difficoltà legate all’export, alla chiusura del canale Ho.Re.Ca e alla forte riduzione dei consumi domestici” – ha concluso il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Ora, nella crisi, dovremmo cogliere l’opportunità per rendere il settore più produttivo, più innovativo, più sostenibile e più competitivo. E per fare questo occorre investire in nuove tecnologie coniugando la sostenibilità, passare attraverso una diversa organizzazione dell’attività produttiva, diversificare. Il Recovery Fund, che ha destinato all’agricoltura 2 miliardi di euro, è un’occasione irripetibile. Ci vogliono però progetti e idee. E grandi piani attorno a quelle aziende che già oggi hanno dimostrato evidenti capacità di essere leader a livello mondiale. Stiamo impegnando il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti e per questo motivo la progettualità dovrà essere ampia e importante“.

Pedalata partecipata sostenibile – 17 ottobre 2020

Nell’ambito della Settimana Europea della Mobilità 2020 “Emissioni zero, mobilità per tutti”, la Città metropolitana di Genova con i Comuni di Chiavari e di Lavagna, hanno organizzato una pedalata partecipata non agonistica, aperta a tutti i cittadini, con qualsiasi tipo di bicicletta, muniti di caschetto e mascherina. La “Pedalata Partecipata Sostenibile” prevista per Sabato 17 Ottobre, evento incluso nel Festival dello Sviluppo Sostenibile, è organizzata in collaborazione con Università di Genova, Accademia della Marina Mercantile, Fiab ed EticLab. In caso di pioggia, la pedalata sarà rinviata. Si tratta di una manifestazione in percorso cittadino di circa 12 Km nata con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini su come migliorare la mobilità e la qualità della vita urbana e il benessere degli abitanti. I partecipanti saranno ricontattati dopo l’evento e le idee che emergeranno contribuiranno alla costruzione del Biciplan e dell’Agenda metropolitana per lo sviluppo sostenibile di Città metropolitana di Genova. Stimolare l’interesse dei cittadini, coinvolgerli a valle dell’evento sulle tematiche ambientali e conoscerne le abitudini negli spostamenti quotidiani, servirà al nostro Ente per promuovere comportamenti virtuosi e individuare gli interventi possibili. Si tratta di una prima sperimentazione, per un giorno, di alcuni tratti ciclabili che, anche grazie a questo evento partecipato, i Comuni potranno realizzare in modo ottimale sul loro territorio, oltreché della prima sperimentazione della carta dei servizi sostenibili di Città metropolitana di Genova.   Fonte: Liguria2030

Paolo Ravera nuovo presidente di Porto Petroli di Genova S.p.A.

Paolo Ravera Porto Petroli
Genovese, ha maturato una vasta esperienza in IP, AGIP ed Eni

ll Consiglio d’Amministrazione di Porto Petroli di Genova, la società che gestisce il terminal petrolifero di Genova Multedo, ha nominato Paolo Ravera nuovo presidente. Genovese di nascita, Ravera ha conseguito la laurea in Ingegneria Civile con il massimo dei voti e, dopo aver maturato diverse esperienze in società di ingegneria, entra in Italiana Petroli dove ricopre ruoli di crescente responsabilità. Successivamente passa in Agip Petroli Spa, oggi Eni, dove ha assunto diversi incarichi di rilievo nel settore Commerciale Refining & Marketing. Ravera sostituisce alla presidenza della società Maurizio Maugeri, a cui sono andati i ringraziamenti del Consiglio di Amministrazione per la lunga collaborazione. Dal 1986 Porto Petroli di Genova gestisce il terminale petrolifero di Genova Multedo per lo sbarco, l’imbarco e il trasferimento di prodotti petroliferi trasportati da navi di varia portata. L’azienda è certificata secondo gli standard ISO 9001 (Qualità), OHSAS 18001 (Sicurezza) ISO 14001 (Ambiente). Il terminal genovese, grazie ad un’articolata rete di oleodotti di proprietà di terzi, svolge una funzione fondamentale nell’approvvigionamento di greggio e prodotti petroliferi, rivestendo un ruolo primario nella domanda di energia del sistema economico nazionale e – in particolare – dell’Italia settentrionale. Le quote della Porto Petroli di Genova S.p.A. sono suddivise tra i seguenti azionisti privati:

Ecofuel S.p.A. 40,5%

Comunione Utenti Privati 35,8%

Italiana Petroli S.p.A. 8,9%

Porto Petroli Agenti Marittimi S.r.l. 8%

Cooperativa Santa Barbara 6,7%  

Bilancio di Sostenibilità di Acque Bresciane

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Presentato ieri il terzo Bilancio di Sostenibilità di Acque Bresciane, che rendiconta in modo volontario le attività della Società, i dati più significativi e gli obiettivi raggiunti.

“L’impegno nella sostenibilità ambientale è la migliore risposta per ripartire dopo l’emergenza Covid-19. Il Bilancio racconta il contributo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso un impegno costante nell’innovazione e nella tutela dell’ambiente. Le principali novità riguardano: una strategia di sostenibilità integrata nel nostro piano industriale, più spazio alla visione degli stakeholder (in primis sindaci e nuove generazioni), un importante percorso interno aziendale, un impegno per i cambiamenti climatici e maggiore chiarezza di informazioni”. Il Presidente Gianluca Delbarba ha dichiarato: “Abbiamo fatto del tema della sostenibilità una scelta strategica e valoriale di fondo. Stiamo vivendo un tempo che richiede impegno e obiettivi che possano tutelare il futuro delle generazioni che verranno. La tragedia generata dalla pandemia Covid ha posto all’attenzione globale valori universali attraverso i quali la sostenibilità trova una sua corretta applicazione”.

Il comunicato stampa

Il video di sintesi

L’intervento del Presidente      

Covid e lavoratori: le misure messe in campo dal Governo per rientrare in sicurezza

Oggi ospitiamo il contributo di Stefano Ghibellini, giuslavorista e associato senior presso lo Studio Legale Ghibellini, consolidata realtà nel panorama giuridico italiano con oltre un secolo di storia alle spalle.


La riapertura dei luoghi di lavoro a seguito del termine della fase del lockdown, ha posto il problema della responsabilità dei datori di lavoro nell’ipotesi di contagio di un dipendente nello svolgimento dell’attività lavorativa.

A tale proposito si rende necessario analizzare gli strumenti adottati dal Governo durante la fase di emergenza e, più in generale, la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Ai fini del contenimento della pandemia da Covid-19 sui luoghi di lavoro, in data 14 marzo e 24 aprile 2020, le parti sociali, tra cui Confindustria, hanno sottoscritto, d’intesa con il Governo, due protocolli condivisi di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. Gli stessi protocolli sono stati quindi resi obbligatori, per tutta la durata della pandemia, rispettivamente, con i Dpcm del 10 aprile e del 26 aprile 2020, per le imprese le cui attività non fossero sospese durante il lockdown, e con dpcm del 18 maggio 2020 per tutte le attività che avrebbero potuto riprendere nell’attuale Fase 2.

Tali protocolli prevedono disposizioni in materia di obblighi di informazione, distanze di sicurezza, sanificazione degli ambienti, regolamentazione degli accessi in azienda, strumenti di protezione individuale, gestione degli spazi comuni, nonché trattamenti dei sintomatici in azienda e regole sugli spostamenti interni e sullo svolgimento delle riunioni.

Il datore di lavoro è quindi tenuto ad adottare misure precauzionali (protocolli), che devono essere preceduti da una valutazione dei rischi da contagio in azienda e prevedere misure di contenimento del rischio conformi alla normativa e parametrate alle peculiarità dell’impresa.

I protocolli costituiscono, di fatto, una integrazione del documento di valutazione dei rischi (DVR), che dovranno essere aggiornati anche formalmente con richiamo alle valutazioni di rischio da contagio ed ai protocolli assunti (ovvero indicando in questi ultimi che vanno ad integrare il DVR e allegandoli al medesimo).

Tali regole vanno ad aggiungersi a quelle stabilite dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro e, in particolare a quanto stabilito dall’art. 2087 del codice civile. In base a tale articolo “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro”. Quest’ultima disposizione costituisce una norma di chiusura del sistema civilistico in relazione agli infortuni sul lavoro, che obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità psico-fisica dei propri dipendenti imponendogli l’adozione di tutte le misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione del bene alla salute nell’ambiente e in costanza di lavoro anche quando faccia difetto la previsione normativa di una specifica misura preventiva o risultino insufficienti o inadeguate le misure previste dalla normativa speciale. A tale responsabilità civilistica si può aggiungere, laddove ne ricorrano i presupposti, quella penale per le ipotesi in cui si possano configurare i reati di lesioni o di omicidio o ancora quella amministrativa dell’ente qualora l’infortunio sia avvenuto con violazione delle norme antinfortunistiche.

Nel caso di infezione contratta nello svolgimento dell’attività lavorativa occorre fare riferimento all’art. 42 comma 2 del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 cd. “Decreto Cura Italia”, secondo cui l’infezione da coronavirus rientra nell’alveo delle malattie infettive e parassitarie e, come tale, è senza dubbio meritevole di copertura Inail per gli assicurati che la contraggono “in occasione di lavoro”.

Tale disposizione in materia di assicurazione obbligatoria in capo ai dipendenti contagiati in occasione dell’attività lavorativa, a causa della propria vaghezza, ha suscitato molte perplessità da parte dei datori di lavoro per i possibili risvolti civili e/o penalistici legati ad accertamenti di responsabilità dell’azienda nel caso di contagio del lavoratore.

A tale proposito si è reso necessario un primo intervento interpretativo dell’INAIL che, con circolare esplicativa n. 23 del 3 aprile 2020 ha inquadrato l’infezione da Covid 19 nell’ambito della disciplina degli infortuni sul lavoro. Ciò nonostante non è stata chiarita la portata della norma rispetto alla posizione del datore di lavoro come soggetto garante della sicurezza dei dipendenti.

La mancanza di chiarezza sul punto ha dato origine ad un dibattito sulla possibile interpretazione della norma la quale, a parere di alcuni, avrebbe comportato una responsabilità oggettiva del datore di lavoro nel caso in cui un dipendente avesse contratto il virus durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, e con ciò ponendo in capo all’azienda una difficilissima prova liberatoria.

Con circolare n. 22 del 20 maggio 2020, l’INAIL è nuovamente intervenuta al fine di chiarire i termini della tutela infortunistica da Covid-19 ed i risvolti che questa comporta in tema di responsabilità del datore di lavoro. Nella circolare si stabilisce che il riconoscimento dell’origine professionale del contagio non ha alcuna correlazione con i profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro, che è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche.

I presupposti per la responsabilità penale e civile del datore di lavoro devono essere rigorosamente accertati con criteri differenti rispetto a quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative. Il dipendente che ha contratto il virus avrà, dunque, l’onere di provare l’esistenza del nesso di causalità tra evento e condotta datoriale nonché l’imputabilità a titolo di dolo o colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro.

L’INAIL ha inoltre chiarito come dalle disposizioni citate non possa desumersi un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a “rischio zero”, quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile.

Nella circolare si richiama l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui l’articolo 2087 cod. civ. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore.

Da ciò ne consegue che il datore di lavoro sarà responsabile soltanto in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.


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